Dicono di me

Prof.ssa Nicoletta Rosetti  

Dicembre 2022

 ...Tutto ha avuto inizio dal BIG BANG...

nelle ore pre-umane dell'universo, il vuoto inteso come "nulla" non esiste, al suo interno si producono invece fluttuazioni quantistiche: uno strato dinamico generato dalle particelle di materia e antimateria. 

Non ne esistono immagini, per questo le opere di Carlo Pietrosanti creano un vero e proprio alfabeto per una nuova lingua, inventandone i segni, le regole, la sintassi.

Questo nuovo linguaggio immaginifico, una controllata struttura di un astrattismo quasi lirico, si articiola nelle forme, nei contrasti cromatici, nelle dimensioni e nei rapporti tra i vari componenti. Le campionature piatte, raccolte in moti  curvilinei e irregolari, sembrano elementi di derivazione organica che scandiscono lo spazio in sinuosi equilibri dinamici. Queste stesse proposizioni, intese nella loro grafica essenzialità ideale, sono in continua trasformazione, mutandosi da groviglio compatto a organismo generante. Il risultato di alcuni sporadici incontri tra cariche di segno opposto è, infatti, una piccola massa geometricamente impeccabile nella sua rotondità, l'infinitesima parte di un chicco di riso destinata a originare tutto ciò che era, è, e sarà.


Agosto 2011

Dall’acquarello su carta all’acrilico su tela, la strada da percorrere non è alla sola conquista di materialità e di tattilità, bensì conduce nel nucleo creativo di una fervida mente matematica che, quando osserva il mondo, non può fare a meno di coglierne spunti di sinteticità e schemi ricorrenti. Se per il padre dell’era moderna Cézanne “in natura tutto è modellato secondo tre modelli fondamentali: la sfera, il cono e il cilindro”, non stupisce che gli occhi di Carlo Pietrosanti si impiglino proprio queste forme: sfere e cerchi. Un esperimento, in principio, condotto per genuina curiosità, dove la tela è teatro di vertiginose zoomate su porzioni di circonferenza, e lo spazio ha le coordinate di una nuova dimensione.

Poi la curva, orizzonte di senso, oltre che visivo, dà vita a un vero e proprio pseudo-geometrico, opposto o forese necessario, al preesistente universo morbido e organico che l’artista raccontava con le delicate sfumature degli acquerelli. All’intrico di sagome irregolari su carta, si sostituiscono istantanee, su tela, popolate di forme lineari, sovrapposte e giustapposte come le precedenti, ma delineate da un segno chiaro e indipendente che crea elementi articolati e complessi che si attestano dentro e fuori le regola della geometria tradizionale.

Tra queste, su tute, si staglia l’arco, curva che ha ormai conquistato la terza dimensione. Si camuffa in lettera, si distorce, scompone e moltiplica. Tra gli intrecci dei fornici si manifestano prospettive eccentriche negate e, in alcuni frangenti, o forese frammenti, dati i ruderi e le crepe che scorgiamo in più d’un tableau, sembrano essere protagonisti elementi provenienti da un lontano ambiente metafisico. Colori sgargianti accendono dettagli come la luce all’interno degli archi, i triangoli e le scacchiere multicolori, catturando l’attenzione con frivolezza e giocosità.

Coprotagonista è un grafismo che parrebbe una “Y” e che rima, insistente, da un’opera all’altra. Si direbbe, sbagliando, che l’artista abbia scelto di porre un’incognita in un mondo noto e misurabile ma, a considerarla con attenzione, la Y compare regolarmene a sinistra della tela, segnando un punto preciso nell’intersezione tra i segmenti che è focus prospettico e guida decisiva per l’occhio, condotto in un’esplorazione diagonale.

Terzo elemento imprescindibile è il magma primordiale dello sfondo, ideale punto d’unione fra il mondo organico e biomorfo degli acquerelli e la galassia ad archi delle tele. Nelle velature composte ad acrilico, vero cammeo di ogni singola opera, si addensa una variegata complessità che è contraltare, metro di paragone e fondamento imprescindibile del panorama di forme lineari che conquista il primo piano.

Infine, i densi fasci pulviscolari che si materializzano e irrompono dalle teorie di particolari. Dopo la promessa bidimensionale, dove l’ordinario modello lineare è avvicinato fino a raggiungere la sua versione “macro”, e la svolta metafisica nella quale l’artista ci trasporta in un cosmo popolato da intrepidi fornici, forme decise e magma primordiale, l’atto finale: da quegli archi riaffiorano acquedotti, cortili rinascimentali, volte a botte e vie monumentali. L’universo “trascendente” svela la sua diretta discendenza dalla realtà filtrata attraverso lo sguardo curvilineo del suo creatore.

 

Dicembre 2007

Evoluzione è il sentiero leggero eppure chiaro degli acquarelli, è il percorso di espansione dei colori all’interno delle forme, è la via che seguono i contorni di questo piccolo tangram dalle forme lineari eppure multiple, scomposte.

Lo spazio è geometricamente ineccepibile, delimitato e l’occhio lo sa: il fondo segnato dai solchi, la base di queste eleganti composizioni sono cornici della porzione centrale.

Ci si affaccia, quasi inconsapevoli, da una finestra che si apre su un mondo parallelo costruito, sembrerebbe dai riflessi acquosi di un prisma, sottoposto ad una luce di metà luglio, carica di sfumature diverse, di toni plurimi,

Si parte dalle lunghe scie dei colori, quelli decisi che scorrono docili sotto i pennelli mesciandosi alla trama dei fogli ruvidi; le pennellate stanti, vicine che tendono poi a flettersi, ad aprirsi mostrando, in sottofondo, altre tracce.

Sono costruzioni di legno che si appoggiano, solide, le une alle altre pur nella delicata materia velata  che le compone. Eppure sono tutte entità singole, fiere di svettare, sicure, nei confini della nostra finestra non nell’incomunicabilità calviniana che ci separa e ci allontana, bensì nella ferma convinzione che è quel filo di distanza, quel “aria che circola” tra le nostre tracce a garantire l’equilibrio dell’essere e la possibilità, come ben esemplifica la filosofia buddista, di guardare alle problematiche che ci troviamo intorno con la sicura certezza della nostra più profonda realtà interiore, indagata e nota e per questo sicura e indipendente.

L’impercettibile scorrere delle ore, il lento trascorrere dei mesi ci guidano in fin nell’espansione, interno all’interno del quadrato perfetto del centro pagina, di un quadrato dai lati morbidi, quasi curvilinei avvolto in una sorta di aureola fumosa o di fuoco vorticante o in un’impetuosa onda tropicale di cui si intravedono solo le estremità schiumose.

Oltre queste aure si materializzano, secondo l’ordine della cornice immaginaria, altre entità che si fanno più discrete, minute eppure portanti, sottolineate dai toni accattivanti, modaioli forse eccentrici ma mai sfacciati.

Il tempo che sedimentare accumula modellando secondo una volontà superiore, ha poi costruito i solidi, vecchi dolem eroici dai colori della pietra e dei metalli ossidati: generali stanchi di una guerra finita che riposano panciuti osservando lo spettacolo del naturale.

Il quadrato geometricamente perfetto ma pur sempre immaginario si sbriciola nell’angolo sinistro e la cornice invade quasi timorosa il cuore pulsante della composizione, mantenendo però intatto il sottile equilibrio che si crea tra l’estasi di un rosso e la noia si un grigio fumo.

L’equilibrio è intatto, l’armonia delicata.

Queste opere, in effetti, potrebbero essere delle sonate di due tempi, il primo andante, che passa nella tranquillità di un timbro rosso, cinese composto di due complessi ideogrammi, il secondo mosso, allegro che si esprime nell’intento colorista, nella delicata varietà delle forme.

Infine, la livella del tempo non tocca mai le cifre progressive, il train d’union di una storia, per questo si scorge una forma indifferente alla geometria e ribelle rispetto alle consimili: il “gallinaceo”, quel tratto provvisorio di becco che forse è, forse, il “massimo comune divisore” di questa via affatto tortuosa ma certo affascinante fatta di variazioni sul tema continue, per se d’intensità variabile.

 

Prof.Armando Ginesi

Luglio 2008

Abbandona la sua attività di manager d’azienda iniziando l’esperienza della pittura con la tecnica dell’acquarello.

Questa tecnica è stata adottata perché attratto dalla imprevedibilità della forma dovuta all’espandersi dell’acqua sul foglio.

Nella sua pittura si nota la profonda conoscenza dell’astrattismo italiano. 

Le sue opere sono espressione di un periodo in cui la sua vita è profondamente cambiata: il timbro rosso che rappresenta la parola “tranquillità” in cinese, è la certificazione di autenticità delle sue opere ma soprattutto è la certificazione di uno stato d’animo sereno e privo di tutti quegli elementi di frenesia che avevano caratterizzato la sua vita precedente.

 

Dicembre 2007

Carlo Pietrosanti è un matematico, ed in quanto tale, per la costruzione delle sue composizioni non poteva non utilizzare la teoria logica, la più “ primitiva ” (cioè irriducibile ad altre idee più semplici) della matematica, la teoria degli insiemi. Somma (o unione), moltiplicazione (o intersezione o interferenza) degli “ elementi artistici ” frutto delle sue sensazioni e fantasie sono magnificamente eseguite dal bravo matematico.

Inevitabilmente, però, matematico ed artista si unificano in una sola persona ed in quanto tale il Pietrosanti, forse inconsapevolmente, attraverso un immaginario calcolo combinatorio ha saputo interagire due fattori: a sua formazione professionale con la propria sensibilità artistica. E, a rigor di logica, per rimanere in tema, solo l’arte astratta poteva essere disponibile per la felice combinazione di questi due fattori.

Nel presentare l’insieme degli acquerelli in mostra devo ancora sottolineare la bravura con cui il Pietrosanti utilizza …. 

L’insieme “vuoto”, ovvero quello privo di elementi, che in questo caso è rappresentato dal … vuoto, --- dallo spazio. Infatti gli elementi dele sue composizioni assumono significato quando da una dimensione semplice, da uno spazio bidimensionale, l’artista li colloca in una dimensione tridimensionale, uno spazio completo, l’unico in grado di conferire corpo ai componenti “ forma - colore” delle sue opere.